Mark Kostabi e la missione di conquistare il mondo
Mark Kostabi, artista di fama internazionale e pianista brillante, è nato da genitori estoni in California nel 1960. Figura importante dell'East Village Art Movement e fondatore della bottega Kostabi World Studio, è molto legato alle sue radici. Oggi i suoi dipinti si trovano al Museo d'Arte dell'Estonia di Tallinn e la sua collaborazione con il compositore Lepo Sumera e il direttore d'orchestra Kristjan Järvi ha fatto storia, ma la sua prima apparizione sulla scena artistica estone fu solo nel 1992, un anno dopo dell'indipendenza dell'Estonia. Dal 1996 Kostabi non vive più in pianta stabile a New York ma divide il suo tempo tra NY e Roma.
Mark Kostabi. Foto: Jean Kallina.
In Italia non tutti conoscono le tue origini estoni. Il tuo nome per esteso sarebbe Kalev Mark Kostabi.
Sì, è vero, sia sul mio passaporto statunitense sia su quello estone c'è scritto Kalev Mark Kostabi. Ma per comodità, e immagino per evitare di sembrare troppo un immigrato, essendo cresciuto nel sud della California, i miei genitori mi hanno incoraggiato a usare il mio secondo nome, Mark. Sono radicalmente attaccato alla mia eredità estone e viaggio spesso in quel meraviglioso Stato baltico.
È diventata iconica la fotografia di Ain Protsin scattata in una caffetteria di Tartu nel 1992 dove hai disegnato... sopra a un tavolo. Ti definiscono ancora "l'artista eccentrico"?
Credo che sia successo durante la mia prima visita in Estonia, quando ho fatto una mostra a Tartu. È successo tutto così in fretta che ora sto confondendo alcune cose ed eventi. Dal mio sguardo in quella fotografia, ero chiaramente in missione per conquistare il mondo. Mi sento ancora in quella missione, ma ora è più raro che mi senta pazzo. Però a volte la follia ritorna.
Mark Kostabi, "Baltic Passion", 2019 e "State of the Union", 2015.
Stai molto spesso a Roma e parli italiano benissimo. La tua storia con l'Italia è cominciata forse nel 1988 quando hai dipinto un affresco all'interno del Palazzo dei Priori di Arezzo?
Per essere precisi la mia prima breve esperienza italiana è stata nel 1985 quando sono volato a Roma per partecipare a una mostra dedicata alla scena artistica dell'East Village di New York, presso la Wessel O'Conner Gallery, ormai chiusa. Più o meno nello stesso periodo Larry Gagosian vendette alcuni dei miei quadri al gallerista Paolo Curti a Milano, che iniziò a portare i miei lavori in Italia. Poi, all'inizio degli anni Novanta, Giordano Raffaelli ha allestito la mia prima personale in Italia - a Trento, che a sua volta ha portato a un'altra personale alla Galleria in Arco di Torino, seguita dalle mostre a Verona, Carpi e Firenze. Poco tempo dopo facevo già eventi in tutta Italia. Il murale ad Arezzo è stato dipinto nel 1998, due anni dopo che avevo iniziato a dividere il mio tempo tra Roma e New York.
Come sta la bottega "Kostabi World"? Quanti assistenti pittori e creativi sono impegnati oggi alla produzione?
"Kostabi World" è fiorente. Attualmente ci lavorano otto pittori, due persone per la progettazione, un manager di studio e un contabile. Dodici persone in totale. Al momento, per stare al passo sia con la mia vivace immaginazione e la sempre crescente domanda per le mie opere, sto cercando di assumere nuovi pittori.
In italiano è uscito recentemente il libro della scrittrice e critica d'arte Maria Pia Cappello "Mark Kostabi tra Suono e Solitudine" che racconta il tuo lavoro come pianista e l'arte visuale. Perchè solitudine?
È stata un'idea dell'autrice. Sebbene gran parte del mio lavoro abbia a che fare con la solitudine, certamente non è tutto. La maggior parte del mio lavoro recente è una celebrazione dell'amore, dell'arte, della musica e della mia visione della vita durante la pandemia.
Come compositore e pianista sei molto attivo anche in Italia. Suoni spesso insieme alla tua compagna, la cantante estone Greesi Desiree Langovits...