La scrittrice Viivi Luik e le sue patrie
È considerata un punto di riferimento nella vita culturale estone, Viivi Luik, poetessa e saggista, nata nel 1946. Insignita del Premio alla carriera nel 2019 e del Premio Jaan Kross per la letteratura nel 2020 è autrice di libri di poesia, di tre romanzi e svariati saggi, tradotti in molte lingue. Nel ricco curriculum di Luik ci sono soggiorni a Helsinki, Berlino e New York, e anche a Roma. Il pubblico italiano la conosce soprattutto per le poesie del suo primo periodo di produzione, uscite con la traduzione di Margherita Guidacci e Vello Salo. Due dei suoi libri - Kõne koolimaja haual e Varjuteater - contengono tra l'altro scritti su Roma, città a cui si sente ancora molto legata.
Nella foto: Viivi Luik
Dal 1998 al 2003 ha vissuto a Roma per accompagnare suo marito, il scrittore e diplomatico Jaak Jõerüüt, durante la sua missione da ambasciatore. Ha detto che tutti i paesi in cui ha vissuto sono diventati la sua patria. Anche l'Italia, quindi?
Sì, è vero, i paesi europei, tra l'altro così diversi tra di loro, dove ho vissuto sono tutti la mia patria. La patria Europa, per ricordare uno dei titoli di Czeslaw Milosz [in italiano La mia Europa, Adelphi 1985]. Quando hai vissuto a lungo in un paese, riesci a conoscere gli stati d'animo delle persone e a percepire i paesaggi in modo completamente diverso rispetto a chi è solo di passaggio. Allora ti rendi anche conto che per capire una terra fino in fondo non basta solo viverci. Devi esserci nato per poterlo fare. Ecco perché Milosz chiama l'Europa la sua "patria". Percepisco l'Italia come le fondamenta di questa Europa, qualcosa a cui pensiamo ancora oggi quando parliamo della cultura europea. Ma percepisco anche i problemi dell'Italia di oggi, che scuotono queste vecchie fondamenta.
Il pittore estone Konrad Mägi ha detto "nella mia natura c'è molto del meridionale". Lei come si sente?
È difficile dire che mi sento meridionale. Ma è altrettanto difficile dire che mi sento nordica. È altrettanto difficile dire che mi sento dell'Europa orientale o dell'Europa occidentale. Mi sento un'europea che si sente a casa sia al Nord che al Sud, all'Est come all'Ovest.
Il pubblico italiano conosce soprattutto le sue poesie. Nel 1973 è stata tradotta in Poeti Estoni una parte dei suoi lavori del periodo precedente. A tradurli è stata la poetessa Margherita Guidacci. Vi siete mai incontrate di persona?
No. Non ci siamo mai incontrate. Quando l'Estonia si è liberata [nel 1991] e io sono arrivata in Italia, Margherita Guidacci aveva già lasciato il mondo dei vivi. L'antologia di poesia estone è stata pubblicata mentre l'Estonia era ancora dietro la cortina di ferro e non era concepibile che mi avrebbero dato il permesso per partire per l'Italia per la presentazione del libro.
Ha affrontato l'argomento Italia in due dei suoi libri, Kõne koolimaja haual [Il discorso sulla tomba della scuola] nel 2006 e Varjuteater [Il teatro delle ombre] nel 2010. Il legame con l'Italia rimane sempre vivo?
È impossibile dimenticare l'Italia e il Mediterraneo per coloro che ci hanno passato un bel po' di tempo. Spero di scrivere ancora sull'Italia.
Uno dei miei grandi amori è Curzio Malaparte. Nessuno ha scritto in modo più raffinato sugli orrori della guerra. Anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa è per me uno scrittore estremamente importante. Quindi due dei miei quattro scrittori preferiti sono italiani. Aggiungerei inoltre Giorgio Bassani e Alberto Moravia. E Alessandro Baricco.
È attualmente in Estonia? Vive aspettando la primavera?
La primavera è già qui. Cominciano a prendere forma le serate chiare e lunghe. Presto la notte durerà solo un paio d'ore. Questo è il periodo che amo di più vivendo in un paese nordico.
Katrin Veiksaar