La nostalgia nordica di Piera Mattei

05.02.2021

Piera Mattei, autrice, traduttrice, critico e poetessa, è romana di nascita. Completati gli studi di filosofia, si è dedicata al cinema e al teatro, e per anni ha lavorato nell'ambito del giornalismo culturale. Dopo una lunga esperienza negli Stati Uniti, in Giappone e a Parigi è tornata alla sua amatissima Roma e dal 2010 il fulcro della sua vita è diventata la casa editrice Gattomerlino come curatrice e responsabile. All'Estonia la legano i ricordi, le amicizie e la poesia.

Foto: Piera Mattei (a destra) con la poetessa estone Doris Kareva

Con l'Estonia ha un amore antico?

"Sono stata in Estonia la prima volta quasi venti anni fa, invitata a Tartu da un accademico dell'Istituto di Fisica di quella città, Nikolai Kristoffel. Non lo vedo più da tempo, ma pensando a lui, oggi che ho appena visionato il bel docufilm che Jaan Tootsen ha dedicato a Vello Salo, posso dire che Nikolai Kristoffel è un uomo dello stesso tipo fisico, folti capelli bianchi e robusta conformazione di brevilineo, stesso gusto per la battuta e per il racconto di una vita piuttosto avventurosa.

Arrivai a Tartu nella primavera inoltrata, con gli studenti seduti nelle ore di sole intorno alla fontana degli innamorati, e il fiume popolato di uccelli. Poi, per il solstizio, raggiungemmo Tallinn con la sua festa dei canti e le sfilate di giovani e meno giovani, donne e ragazzi, nei costumi tradizionali. A Tallinn mi accorsi che non era difficile incontrare chi parlasse non solo l'inglese ma anche l'italiano, anche se l'Estonia era allora ancora fuori della zona EU e dell'euro. Mi sentii accolta."


Com'è nata la sua amicizia con le poetesse estoni Maarja Kangro e Doris Kareva?

"Nel 2008 - la data me l'ha ricordata di recente proprio Maarja Kangro - fui invitata a Duino, località presso Trieste che nel suo castello sul mare ospitò il grande Rilke e le sue Elegie duinesi, al Festival di poesia "Residenze estive", con cadenza annuale curato da Gabriella Musetti. Fu a Duino che incontrai quella ragazza che mi sorrideva e mi parlava in italiano con un accento che non riconobbi, lì per lì. Le chiesi da dove venisse e quando mi disse dall'Estonia la nostra amicizia era già avviata. Così, quanto due anni dopo il progetto di fondare una mia casa editrice si realizzava, Maarja fu una delle prime voci che volli presentare. Uscì allora "La farfalla dell'irreversibilità".

Maarja, con la sua personalità forte e vivace, è stata indirettamente anche il tramite tra me e Doris, perché proprio un ragazzo amico di Maarja, che avevo ospitato, mi fece dono di alcuni libri di poeti estoni in traduzione inglese e io, tra tutti, rimasi colpita dalla voce di Doris Kareva. Subito volli proporre a lei una traduzione e pubblicazione italiana. Il primo rapporto con Doris non fu perciò di persona, ma ci scrivemmo a lungo per limare la traduzione e pubblicammo così "L'ombra del tempo".

Invitai poi- credo fosse dicembre 2013 - sia Maarja che Doris alla grande fiera libraria "Più libri più liberi" che si teneva a Roma, ancora nel Palazzo delle Esposizioni, all'Eur. Durante quella manifestazione Doris fu anche invitata con me alla trasmissione di Rai3 Fahrehneit. Lei mi invitò poi a Tallinn, a un incontro di religione e poesia. Era nella seconda metà di settembre ma, inaspettato ancora, ci sorprese uno spesso manto di neve. Poi con Doris fummo ancora invitate, lei come autrice, io come editrice, a Como nelle giornate di "Europa in versi", organizzate da Laura Garavaglia. Insomma, più volte ci siamo ritrovate, in Estonia o in Italia, ma ultimamente, dati i tempi, solo su una piattaforma Zoom, per festeggiare i dieci anni delle edizioni, e sempre con grande gioia e amicizia!"

Cos'è per lei la melanconia nordica? Doris Kareva o Juhan Liiv?

"Un altro estone, un poeta, un traduttore e noto accademico dell'Università di Tartu, che incontrai proprio a Como, è Jüri Talvet, che mi propose la traduzione di alcune poesie del grande poeta Juhan Liiv. Nacque così il libro "Rondine, dove hai preso il tuo grido", con una traduzione a quattro mani, di Talvet e mia. Di Liiv, di questo grande poeta, alle origini della moderna poesia estone, ho scritto brevemente che per il tono, ma anche stranamente, per alcune analogie biografiche, lo sento simile al nostro Giovanni Pascoli. Lo stesso amore per la natura, e il ricorso all'onomatopeia per rendere il canto e i suoni delle creature del cielo. La poesia di Liiv da strofe brevi stilla quella che chiamo melanconia nordica, ma la melanconia di Doris, filtrata da una sensibilità contemporanea femminile, mi giunge più diretta."

Anche Vello Salo, un prete cattolico estone che ha vissuto a Roma per tanti anni, ha tradotto in italiano numerose poesie...

"Ah, Vello Salo! Come dicevo ho appena terminato di vedere il docufilm che Jaan Tootsen gli ha dedicato. Mi sono commossa. Anche Vello Salo l'ho in un primo tempo conosciuto da un libro. Me ne fece dono un giovane addetto culturale estone, una raccolta di traduzioni in italiano di poeti realizzato addirittura negli anni 70 del Novecento insieme alla poeta Margherita Guidacci.

Quanto a Vello Salo, in uno dei miei viaggi a Tallinn lo avevo voluto incontrare. Aveva preso la decisione di venire lui stesso a trovarmi all'albergo, alle nove di sera nel bar-cantina, e ricordo che, con mia meraviglia e divertimento, ordinò per sé prima un cognac, e quindi un secondo. Parlammo di mille cose. Era ancora molto "in gamba" per quanto, mi disse, con protesi alle anche. Dopo mille racconti mi lasciò in dono un involucro di carte, anche piccolissime edizioni realizzate presso la casa delle suore Brigidine che dirigeva presso Tallinn. Non ricordo più il restante contenuto del pacchetto, ma mi colpì, un documento copiato negli archivi vaticani: la relazione, in brillante italiano del Rinascimento, del gesuita Antonio Possevino sugli estoni e il loro rapporto con la "conversione" al cattolicesimo. L'anno dopo pubblicai quel documento - introduzione di Vello Salo e di un altro prelato - con il titolo "Un gesuita tra gli estoni". Sulla copertina di questo libro posi una foto che avevo fatto a un panorama umido e nebbioso, dai colori sfumati - e qui torniamo al tema dell'identità nordica, alla sua amata malinconia - che un accademico estone innamorato della lingua italiana e di Dante, mi aveva fatto conoscere come il panorama estone per eccellenza, secondo la sua sensibilità."

Katrin Veiksaar

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