Un punto sulla mappa

13.09.2022

Attraversando (metaforicamente o in concreto) le terre del Nord, si giunge infine, a volte tramite strade secondarie e incroci di cui nessuno ricorda l'ubicazione, a quel punto sulla mappa, l'Estonia.

Punto è una parola che, secondo una certa accezione, potrebbe sminuire il valore di un paese così intriso di una storia travagliata, una cultura per cui combattere e battaglie di affermazione nazionale. Eppure questo punto rimane per noi italiani sotto la "cortina di ferro" di Winston Churchill, così come l'aveva chiamata nel 1946.

Foto: Visit Estonia 

Questo perché spesso non ci rendiamo conto di quanto sia proprio della nostra percezione e quanto la caratterizzi, seppur sia esso un tratto riconoscibile nella quasi totalità dei rapporti tra lingue, culture e paesi, il concetto di "distanza percepita": molto frequentemente, la lontananza che separa queste entità è solo un dato numerico molto minore di quel che crediamo, ma inconsciamente lo ingrandiamo a dismisura; è così che l'Estonia ci risulta una terra irraggiungibile, una "Ultima Thule", per utilizzare un'espressione di Lennart Meri, il Presidente della Repubblica d'Estonia dal 1992 al 2001.

Può essere un incontro, quello con l'Estonia, anche un po' casuale, di fronte a cui si può rimanere spiazzati, un viaggio in un luogo in cui, sbagliando, pensiamo che l'assenza di stimoli culturali regni incontrastata. Ma perché invece non farsi semplicemente guidare in questo viaggio dalla "pura luce" e dalla "cupa ombra" dell'anima estone?

Questo è ciò che è capitato a me quando per la prima volta ho avuto a che fare con la cultura, la storia e le tradizioni di questo bel paese. La luce e la purezza sono due dei suoi aspetti più evidenti che per primi mi hanno colpito, così come anche l'emisfero del buio e dell'oscurità che necessariamente sono implicati con la presenza dell'illuminazione. Questo comporta anche una dicotomia che conseguentemente contraddistingue anche la ricerca personale di ogni estone, così come il suo spirito è diviso per via di questa sua "doppia essenza"; lo spiega molto bene la scrittrice e poeta estone Viivi Luik nel suo saggio Le tre caratteristiche degli estoni, pubblicato sempre su Estonia Magazine <<[...] è possibile che in ogni estone, e in generale in ogni nordico, ci siano due persone diverse: quella estiva e quella invernale [...] Lo scendere dalla luce al buio, e il salire dal buio alla luce si verifica costantemente in questo pezzo di terra. Probabilmente ha influenzato la lingua e il modo di pensare degli estoni, e attraverso loro anche la storia, in modo molto più significativo rispetto a qualsiasi altro fattore>>. Curioso, però, come questo secondo Luik non significhi semplicemente una mera separazione di bianco e nero, buono e cattivo, quanto invece la dicotomia prima menzionata porti alla creazione di una sorta di "spazio senza tempo", uno strappo di vita e di esistenza più unico che raro che la scrittrice ritrova nella "zona astronomica del crepuscolo" in cui è localizzata l'Estonia, geograficamente e spiritualmente.

A parer mio, è avventurandosi in questo, il vero e proprio "cuore" della nazione, la sua vera essenza, che si scopre quella che è la straordinarietà dell'Estonia. Una terra in cui il susseguirsi di periodi di luce e di tenebra (per fare un esempio concreto, le storiche subalternità ai tedeschi e ai russi contrapposte al sempre crescente e mai tramontato desiderio e bisogno di costruire e affermare la propria identità) non ha eliminato la coscienza di sé, anzi, ha avuto l'effetto opposto: abbiamo davanti, carə signorə, uno dei popoli più resilienti di cui la storia sia mai stata testimone, che merita di essere conosciuto e riconosciuto, per la forza, la saggezza e la volontà che ha saputo dimostrare.

Sempre in riferimento alla resilienza estone, ci tengo ad aggiungere un dettaglio che è fra quelli che più mi hanno stupito: di fronte alle "intemperie storiche" che si sono spesso trovati a subire, non si sono mai scagliati con rancore verso il passato, ma hanno sempre saputo prendere le distanze da quanto avevano vissuto, lo hanno interiorizzato, si sono leccati le ferite a vicenda e hanno aperto la porta che dava verso il futuro con una forte intensità di viverlo. Vorrei citare al proposito un brano della poesia La pioggia fa cose stupende (1968) del maggior autore estone del secolo scorso, Jaan Kross, il quale si dimostra capace di mostrare al lettore questa intensità attraverso l'azione simbolica e catartica che un "elemento così naturale e puro come la pioggia compie:

<<rende i tristi più tristi e i cattivi più cattivi,

i gioiosi più gioiosi.

La pioggia spoglia gli uomini dei loro vestiti

per i poeti>>.

Grazie a questo viaggio attraverso il paese, la sua lingua e la sua cultura, l'Estonia ha smesso per me di essere "un punto sulla mappa", ed è diventata il suo stesso focolare che brilla della medesima luce che anima gli estoni; una lanterna che mi accompagna per le strade che non conoscevo, alla scoperta della ricchezza nascosta dalla cortina di ferro, in un canto che irradia la sete di un sapere che non avevo idea di desiderare.

Ruggero dell'Orfanello


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