Il regista Nicola Piovesan in Estonia: tra dinamismo cittadino e luoghi fermi nel tempo

03.09.2022

Nicola Piovesan, classe 1979, a vent'anni si trasferisce da Venezia a Bologna, si laurea in DAMS-cinema, gira corti e gira il mondo, fino ad approdare a Tallinn, dove vive e lavora dal 2013. I suoi lavori vanno dagli iniziali lungometraggi - talvolta esperimenti intrapresi con 400 euro di budget, come nel caso di "Anoir" (2007) - ai documentari come "Val Grande: mappa per un viaggio impossibile" (2010). In Estonia sono stati prodotti i cortometraggi "Deus in Machina" (2014), selezionato da Visioni Italiane, concorso indetto dalla cineteca di Bologna, e "Attack of the cyber octopuses" (2017). Quanto alle ragioni per cui ha scelto l'Estonia, la meritocrazia è in cima alla lista, ma anche il paesaggio e la luce suggestiva per un regista fanno la loro parte.

Nicola Piovesan 

Hai parlato spesso delle ragioni che ti hanno portato a trasferirti in Estonia, ma quali sono quelle che ti convincono a restare?

Resto perché mi ci trovo bene, mi piace come la città sta crescendo e le nuove prospettive che offre. Va anche detto, ahimè, che ho avuto più di qualche dubbio negli ultimi mesi, un po' per via delle tensioni tra Europa e Russia, un po' per l'inflazione fuori controllo, oltre il 20%, che ha fatto alzare notevolmente il costo della vita, rispetto a 9 anni fa, quando mi sono trasferito. Tuttavia rimane ancora una nazione adorabile e Tallinn una città a misura d'uomo, in cui vivo benissimo.

Come si sente uno straniero in Estonia? Prevale per te la spinta della città multiculturale e all'occorrenza anglofona o la voglia di immergersi e integrarsi nella lingua-cultura?

Mi piacerebbe molto immergermi nella lingua-cultura, ma un po' per pigrizia, un po' per mancanza di forti stimoli, il mio estone è davvero di livello basso. Per fortuna è una città molto internazionale, ormai l'inglese è ufficialmente una terza lingua e, frequentando soprattutto ambiti artistici e multiculturali, non ho mai avuto difficoltà in tal senso. Tuttavia uno straniero in Estonia si sente comunque straniero, soprattutto se non parla la lingua. Al di fuori degli ambiti sopracitati, o al di fuori di tutto quello che è "startup" o "IT", mi è capitato più volte di sentirmi spaesato, uno straniero per l'appunto, nonostante i molti anni che sono qui.

Anche altri artisti hanno scelto di fare base in Estonia, noi abbiamo in passato intervistato il fotografo Andrea Forlani. Esiste un network di artisti italiani in questo angolo del Nord?

Conosco vari italiani in Estonia, la comunità è abbastanza folta e affiatata, soprattutto per quel che riguarda la ristorazione. Nello specifico però non parlerei di "network di artisti", almeno per me. Si tratta soprattutto di conoscenze sparse, con le quali non ho avuto modo di lavorare o condividere idee. I miei più stretti amici italiani che vivono in Estonia in realtà non lavorano in ambito artistico. Da un lato è anche un mio bisogno di staccare dal lavoro quando esco a farmi una birra o una cena! Cosa che non riuscirei a fare uscendo con chi fa il mio lavoro, o un lavoro simile.

Come descriveresti la vita culturale di Tallinn?

La vita culturale di Tallinn è in continua evoluzione ed espansione. È cresciuta molto in questi 9 anni, anche se magari qualche anno fa aveva un fascino diverso. Sono tuttavia state aperte nuove gallerie e spazi davvero interessanti. Forse potrebbe fare di più a livello di musica live, ma anche quella è migliorata di recente. In generale diciamo che c'è molto fermento e, anche se forse vorrei qualcosa in più, non dimentichiamoci che parliamo di una nazione che ha solo 1.3 milioni di abitanti.

Estonia Magazine "risiede" a Bologna, conosciamo tutti l'atmosfera magica di questa città, sospesa fra cultura alta e underground, città da cui tu stesso sei partito. Hai trovato qualcosa di simile in Estonia?

Bologna è la mia seconda casa. Ho passato lì dieci meravigliosi anni, e ci torno spesso anche adesso, almeno un paio di volte l'anno. Tallinn e Bologna secondo me hanno in comune in un certo senso la grandezza, l'essere delle città a misura d'uomo, grandi abbastanza da evitare situazioni "di provincia" e offrire molto ai cittadini, ma al tempo stesso raccolte in pochi chilometri quadrati, rendendo così rapidi gli spostamenti e in generale offrendo un'urbanistica calda e accogliente, soprattutto per chi, come me, ama camminare per le vie della città, evitando i mezzi pubblici o l'automobile. Insomma, sono delle città in cui si respira aria di paese.

Come è cambiata la tua produzione dopo il trasferimento? Cos'è che potremmo definire "l'influenza estone" nelle tue creazioni?

Sicuramente il clima, la gente o più in generale tutto ciò che mi circonda, hanno influito sul mio modo di guardare le cose. Per alcuni amici che ho in Italia mi sono un po' "raffreddato" come persona. Ma è normale che, cambiando totalmente nazione, si finisca in un certo senso ad assorbirne usi e costumi. Ciò credo abbia influito sulle mie produzioni, rendendole un po' più pragmatiche dal lato organizzativo, e al tempo stesso aprendomi nuovi sguardi inediti che, anche in un prodotto magari girato in Italia, adesso vedo con un occhio diverso da quando ci vivevo lì quotidianamente. Non saprei bene descrivere nel dettaglio cosa sia cambiato, ma la composizione visiva nelle mie opere ha forse assunto aspetti più razionali e minimalisti, con un pizzico di brutalismo sovietico. Credo faccia tutto parte di un percorso individuale, e il mio è parecchio articolato, considerando che mi piace saltellare tra stili e temi diversi (dalla fantascienza all'animazione, dal documentario politico, alla commedia, dal videoclip sperimentale al dramma di guerra). In tutto questo l'Estonia è stata una tappa fondamentale e mi ha permesso anche di guardare all'Italia o al resto del mondo con un occhio diverso.

Ci sono registi o artisti estoni a cui ti ispiri? Abbiamo scritto in passato di Priit e Olga Pärn. Ci spalanchi una finestra sulla produzione estone?

Ci sono vari artisti estoni che mi ispirano, magari non direttamente, ma facendo parte di un insieme di stimoli che mi arrivano da più direzioni. Nello specifico, però, devo ammettere che il mio ultimo cortometraggio ["Closed to the light", 10 minuti dell'estate 1944 che vedono l'esecuzione di contadini italiani innocenti ad opera dei fascisti, N.d.A.] è stato in parte ispirato dal film "Risttuules" di Martti Helde [regista estone classe 1987; "Risttuules", sospeso fra la storia vera e l'onirico, narra della ricerca della strada di casa da parte di estoni, lettoni e lituani dopo la deportazione sovietica in Siberia, N.d.A.], e che ascolto molto spesso la musica di Arvo Pärt, nei momenti di relax, ma anche quando sto scrivendo una sceneggiatura. Così come le composizioni elettroniche di Sven Grünberg. Lo so, sono due mostri sacri del passato e magari potrei citare qualcuno di più recente, ma in fondo hanno un'enorme influenza su di me. Curioso come mi vengano in mente soprattutto musicisti, rispetto ad altri registi o artisti visivi. Ma devo ammettere che non guardo moltissimi film estoni.

Sei solito esplorare il resto del Paese oltre la città? Trasportaci con le parole in qualche angolo di Estonia fuori dai circuiti turistici.

Viaggio spesso in giro per l'Estonia, dalla campagna alle cittadine più piccole. Fa tutto parte delle suggestioni che citavo prima. Di recente sono stato sulle sponde del lago Peipsi. Meta che visito spesso, in quanto è un luogo totalmente fuori dal tempo. Il paesaggio estone offre suggestioni davvero interessanti, sia nelle zone costiere, che nei laghi o nelle foreste. Vi sono paesini isolati e poco frequentati, dove c'è una pace surreale, e una natura incontaminata, sia d'estate che d'inverno, anche se prediligo i mesi estivi, soprattutto attorno al solstizio d'estate, quando le giornate sono lunghissime e il sole sembra non tramontare mai. È davvero difficile descrivere a parole il fascino dell'Estonia, ma molto risiede in visitare luoghi fermi nel tempo, dove - se si escludono Tallinn e le cittadine principali - non vi sono praticamente turisti. In un'epoca tartassata dal turismo di massa, riuscire a scappare sulle sponde del lago Peipsi o su un'isola come Saaremaa, dove non c'è nessuno o quasi, è un'esperienza indimenticabile.

Giada Scanu


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