Ehin, Kareva e quel “grosso ugrofinnico masso coperto dal muschio” che è la poesia estone
"Come spiegare la lingua estone al pubblico italiano?", potremmo chiederci adattando liberamente i versi d'apertura della raccolta poetica "Dove infine si posa la neve" (2023) di Kristiina Ehin. Questa, insieme a "In sogno ho visto il mondo" (2024), di Doris Kareva, è uno dei due libri di poesie estoni recentemente apparsi in traduzione italiana, con l'originale a fronte.
La pubblicazione in italiano delle due autrici è già forse un passo in avanti verso il superamento dell'incomunicabilità e della distanza fra quel "grosso ugrofinnico masso coperto dal muschio", come lo chiama Ehin, e la parte d'Europa che più ci è familiare. A portare Kristiina Ehin in Italia è stata la piccola casa editrice "Fuorilinea" – che si propone di attingere a "giacimenti letterari poco noti" –, sostenuta dalla Fondazione di Promozione Culturale dell'Estonia e dall'Associazione Italia Estonia. Il fondatore dell'Associazione, Gianni Glinni, e la presidente, Ülle Toode, si sono occupati della resa in italiano.
Inserito nella collana Rossosospeso, il libro è una piccola perla introspettiva in cui la natura diventa mezzo di espressione e reificazione della voce narrante. Sono una costante i riferimenti alla flora e alla fauna locale – muschio, betulle, pioppi, abeti, lupi, uccelli: esse diventano metafore collettive del legame che unisce la poetessa alla propria terra, un legame che va oltre il senso di appartenenza e rasenta l'identificazione. Ehin parla spesso della natura inserendola nel contesto del folklore e della mitologia locale – un esempio fra tanti, il riferimento ai "nove fiori sotto il cuscino" che permetterebbero alle ragazze di sognare il loro vero amore durante la notte di San Giovanni. Proprio queste discipline richiamano la formazione accademica della poetessa, che ha saputo trasporre artisticamente il suo oggetto di studio.
Il libro di Ehin non è peraltro l'unica novità letteraria giunta negli ultimi tempi dall'Estonia: ad aprile 2024 è uscito per Bompiani "In sogno ho visto il mondo", della già affermata poetessa Doris Kareva, tradotto da Daniele Monticelli. Daniele Monticelli, voce italiana di Kareva, è professore dell'Università di Tallinn; si era già cimentato più e più volte nella difficile arte della traduzione poetica – a suo tempo prestò la propria voce a Maarja Kangro, Andres Ehin (padre di Kristiina), Ülar Ploom e Hasso Krull.
Si tratta per lei della seconda uscita italiana dopo "L'ombra del tempo" (2011) e per i lettori italiani di una nuova finestra sugli orizzonti poetici di Kareva, così proiettati verso l'umano ma anche intrisi di riflessioni sulla sua caducità. Queste vengono, con semplice eleganza, ribadite nello scritto in prosa che chiude la raccolta, dove Kareva scrive: "Tutta la nostra vita può essere intesa come giorni di grazia". Se nella produzione di Ehin la natura è centrale e chiamata in causa soprattutto come parte integrante del folklore e della mitologia estone, Kareva invece se ne serve occasionalmente per rafforzare le proprie critiche nei confronti delle ingiustizie di una società che ruota attorno al culto del denaro. Ad esempio, in una delle liriche di Kareva, l'empatia della poetessa abbraccia dei noccioli abbattuti per soldi, di cui le sembra di sentire le grida.
Doris Kareva riversa nella propria scrittura un istinto umanitario di matrice verosimilmente cristiana, con un'attenzione particolare per coloro che vivono al margine della società, per i disadattati e i derelitti. Questo focus sugli strati inferiori della comunità è un rovesciamento della poesia in celebrazione della figura dell'eroe, amplificata anche dal fatto che i numerosi versi evocativi della ricchezza dell'antica Grecia siano presentati dietro un costante filtro di rovina e decadenza.
Chiara Padovano
Giada Scanu