Echi dalla Foresta e suoni distorti: i Puuluup dall'Estonia a Bologna
Sul palco vibrano le corde delle lire, si levano due voci profonde di uomini, l'atmosfera rimanda a secoli lontani, ma ecco si inseriscono un riverbero e un delay a riportarci nell'era della musica elettronica: non è un'allucinazione, loro sono i Puuluup e questo è uno stringato riassunto di quanto aspettarsi dal loro concerto del 5 agosto a Bologna, quando (s)Nodi Festival di Musiche Inconsuete accoglierà il duo nu-folk estone presso il Museo internazionale e biblioteca della musica.
Marko Veisson e Ramo Teder nel videoclip di Paala Järve Vaala Baar.
Sin dalle origini nel 2014 il duo si compone delle voci di Ramo Teder e Marko Veisson, entrambi suonatori di talharpa, una lira a quattro corde caratteristica del medioevo estone e svedese, che i due eclettici musicisti hanno saputo portare fuori dai confini di Vormsi e Hiiumaa, uniche isolette estoni in cui è ancora in uso e rinfrescare con il pioneristico utilizzo del looper e con altri effetti. Così l'anima folk del progetto, già sorretta dall'antico strumento, si impreziosisce di fruscii e suoni di contorno che subito evocano musiche nate nella e dalla foresta. L'antico suono viene rimodellato e il risultato è talvolta più lirico ed evocativo, talaltra più sbilanciato verso le modificazioni elettroniche.
Da dove viene l'idea del looper, per chi vive l'inverno estone, è presto detto: «apri la porta di casa e non c'è nessuno nel raggio di chilometri: per questo usiamo il looper, per non sentirci soli». Lo stesso nome del duo condensa le sue anime principali: puu [albero, legno] si unisce a un nuovo spelling di loop, cioè luup, ed ecco un meraviglioso palindromo: Puuluup.
Quanto sopra, poi, non è che una minima parte delle contaminazioni fra generi, per un gruppo definito dadaista, le cui fonti di ispirazione dichiarate vanno dal punk estone ad Antonio Vivaldi. Ecco, quindi, che nei loro pezzi risuona la musica tradizionale scandinava, ma anche il "blues del Sahel" e di tanto in tanto si sconfina nelle sonorità reggae con piacevolissima leggerezza. Una sapiente leggerezza è forse la chiave di tutto questo: non prendersi troppo sul serio mentre si ibrida con maestria il proprio patrimonio musicale con quello mondiale e si canta di qualunque cosa, come ci suggeriscono quando dichiarano "facciamo folk e dunque le nostre canzoni parlano di folk, ma anche di sci di fondo". Viimane Suusataja [L'ultimo sciatore di fondo] è il loro ultimo disco, vincitore degli Estonian Music Awards nel 2022, quello da cui attingono di più, con le sue storie di squali lacustri avventori di bar (Paala Järve Vaala Baar) e di pecore, che, al contrario, non bevono [Le Pecore non Bevono].
E se non capite i testi surreali non disperate: accanto all'estone, al finlandese, al russo – pieni di neologismi e nonsense – parte dei versi è cantata in una lingua squisitamente inventata!
Il duo ha alle spalle già diverse esibizioni in Italia, fra le decine e decine in giro per l'Europa, l'Asia e le Americhe. Queste si sono moltiplicate a partire dal 2024, anno della vittoria dell'Eesti Laul, il più importante festival musicale estone, dove i Puuluup hanno corso insieme ai 5miinust. La curiosa formazione Puuluup x 5miinust è approdata qualche mese dopo all'Eurovision, portando con sé una fusione di hip-hop e folk, performance coinvolgenti e, soprattutto, la lingua estone, che tornava sul palco dell'evento dopo 10 anni di testi in inglese! Con il loro brano satirico (nendest) narkootikumidest ei tea me (küll) midagi [noi (davvero) non sappiamo nulla di (queste) sostanze] hanno conquistato in questa occasione un più vasto pubblico giovane e internazionale.
Questo progetto congiunto prosegue accanto a quello dei soli Puuluup. Teder, poi, porta avanti un progetto di musica elettronica da solista con il nome di Pastacas, oltre a dedicarsi alla pittura; Veisson è, invece, professore di sociologia e antropologia culturale: anche da qui vengono le suggestioni musicali africane.
Intelligenti, ironici, originali e maestri (sono gli unici a suonare la talharpa come strumento principale), di solito sul palco in giacca elegante e camicia bianca, non mancano di fare salti fuori dalla sobrietà, anche nel vero senso della parola, come al Viljandi Folk Music Festival del 2019, quando Marko Veisson si è lanciato sul pubblico e ha continuato a cantare a pancia in giù facendosi trasportare da decine di mani: la classe che non rinuncia al gioco, un po' come la loro musica.
Giada Scanu