Anti Saar: “Non credo di aver imparato nulla dalle opere letterarie che hanno un messaggio preciso”.

02.04.2024

Anti Saar (classe 1980), semiologo di formazione, è uno scrittore e traduttore estone. Ha scritto 16 libri per bambini e cinque opere per adulti, mentre come traduttore ha lavorato su diverse dozzine di opere di narrativa e saggistica francesi (tra cui Gilles Deleuze e Félix Guattari). "Giocosità", "spirito inventivo" e "accuratezza" sono forse le parole chiave che meglio descrivono la sua creazione testuale. A Bologna viene a visitare la Fiera del libro per ragazzi e a Milano è previsto un incontro con i ragazzi italo-estoni della Scuola Estone di Bologna e Milano.

Sei nato in campagna e sei andato a scuola in città. Questo ti rende una persona di campagna o una persona di città?

Mi piace la natura selvaggia e mi piacciono le grandi città, ma per la maggior parte del tempo vivo a Tartu, a metà fra le due: una città piuttosto piccola e verde.

Di formazione sei un semiologo, hai tradotto letteratura e filosofi francesi e hai scritto numerosi libri per adulti e bambini. Come interagiscono la semiotica e la filosofia con la letteratura per l'infanzia?

Penso stiano molto bene insieme. Da un lato, la formazione di un semiologo non ti dà un lavoro, nessuna azienda assume un semiologo. Dall'altra parte, non si impara a fare lo scrittore a scuola come nel caso di un avvocato o un dentista, non esiste una professione in cui ci si possa diplomare come scrittore professionista. Tuttavia, i semiotici imparano l'attenzione, la capacità di fare collegamenti e interpretare le situazioni. Tutte cose molto utili nel lavoro di uno scrittore.

Hai tre figli. Quanto sono stati decisivi i tuoi bambini nel diventare uno scrittore per ragazzi?

Prima di diventare padre, non avevo mai pensato che avrei potuto scrivere per bambini. A quel punto avevo già pubblicato tre libri per adulti, ma non avevo coraggio per scrivere per i piccoli. Però non scrivo esclusivamente dei miei figli. Certamente no. In tal caso non si tratterebbe nemmeno di letteratura, ma di una cronaca familiare.

Come organizzi la scrittura di un libro per bambini? La fine della storia viene decisa subito?

Nel caso di una storia breve, effettivamente so già come sarà il finale. L'intera sfida creativa è quello di portare la storia fino in fondo in modo che il risultato sia emozionante, divertente e credibile. Questi vagabondaggi e ricerche sono un grande piacere.

Un libro per bambini deve avere un messaggio?

Credo di non aver imparato nulla dalle opere letterarie che hanno un messaggio preciso. O, se è successo, allora creava solo sfida e ribellione. Anche senza un messaggio, un buon libro per bambini può trasmettere valori cari all'autore come la cordialità, la tolleranza e la generosità. Ma oltre a questi non bisogna dimenticare il valore più immediato, che è il piacere della lettura. Quando si legge un buon libro, forse non verranno poi fatte delle stupidaggini.

Incontri spesso i tuoi lettori? Come sono i bambini estoni?

Sì, visito spesso scuole e biblioteche per incontrare i bambini. Sono felice di vedere che i bambini estoni sono sempre più coraggiosi e aperti. E che molti di loro leggono ancora libri del tutto volontariamente. Ci sono molti modi per arrivare ai libri, personalmente ritengo che la lettura ad alta voce sia la più importante. Mamme e papà, leggete ai vostri figli, anche quando saranno cresciuti e potranno farlo da soli!

Uno dei tuoi personaggi principali si chiama Pärt. È un bel nome estone. Immagino sia difficile per i traduttori rendere appetibile questo nome in altre lingue. Come è stato gestito?

Nella traduzione lettone, Pärt è diventato Perts, nella traduzione polacca Mati e in quella ungherese Mart. In effetti, su questo nome ci siamo fatti spesso qualche bella risata. Una volta, incontrando degli scolari estoni a Tallinn, ho spiegato perché Pärt è diventato Mati nella traduzione polacca: perché Arvo Pärt, come tutti i polacchi sanno, è un amato compositore estone. E se il nome fosse rimasto lo stesso, i lettori polacchi avrebbero potuto pensare che il libro tratti di un famoso compositore che non riesce a fare le capriole sul trampolino, desidera l'ultima fetta di torta o dorme troppo alla fermata dell'autobus. Poi un ragazzo in prima fila ha alzato la mano, ha indicato il suo vicino e ha detto: "Arvo Pärt è suo nonno". "Davvero?" ho chiesto, e il ragazzo che mi è stato indicato ha annuito con modestia. Ho chiesto al ragazzo di salutare il nonno dal profondo del cuore e poi ho chiesto: "Il nonno saprebbe fare la capriola?" Il ragazzo ha spalancato gli occhi e ha scosso la testa convinto. "Beh", ho pensato, "allora probabilmente i traduttori non avrebbero necessariamente dovuto cambiare il nome."

In Italiano hai pubblicato il libro "Una piccola grande invenzione" con la casa editrice Sinnos. L'editore italiano ha descritto il tuo modo di scrivere come ironico. Sei d'accordo con questo?

Questa storia in particolare a volte ha un tocco di ironia, ma in generale non mi considero ironico. Se ne convinceranno i lettori italiani sulla base dei miei racconti su Pärt, che dovrebbero essere pubblicati in italiano nel prossimi anni.

Come si chiamerà Pärt in italiano?

Non lo so ancora.

Per quanto riguarda le traduzioni, nel 2022 è stata pubblicata la tua traduzione de "All'ombra delle fanciulle in fiore" di Marcel Proust. Un lavoro durato sette anni. C'è un nuovo libro all'orizzonte?

In quei sette anni, c'è stata anche una serie di altre traduzioni e creazioni originali, ma ovviamente tradurre Proust richiede tempo e perseveranza. Attualmente sto traducendo "Alla ricerca del tempo perduto". Se riesco a non farmi ostacolare dalla vita e dalle sue vicissitudini, chissà, magari lo finirò anche prima di sette anni.

Oltre a scrivere e tradurre, ami fare cose con le tue mani. In Estonia è stato girato su di te un documentario in cui parli della costruzione di una capanna in cima a un albero. Realizzi anche giocattoli in legno, e sei uno dei pochi scrittori che scrivono ancora con la penna. Fare cose con le proprie mani è importante?

Sì, lo è per me. Invento e costruisco aggeggi fin da quando ero piccolo. E poiché quando sono seduto al computer non mi vengono idee, per me è naturale scrivere a mano: in una caffetteria, in un parco, sul molo, ovunque.

Com'è il tuo studio?

Il mio studio-laboratorio si trova in un campus creativo a Tartu. Allora, cosa abbiamo qui? Prima di tutto quattro tavoli: su uno c'è un computer, lì traduco e correggo, sull'altro faccio lavori manuali, sopra c'è uno stand con tutti i tipi di utensili manuali e scaffali con quelli elettrici. Sul terzo tavolo c'è un ventilatore e degli altoparlanti dai quali, mentre lavoro, ascolto la musica. Sotto questo tavolo ci sono tre pile di libri. Il quarto tavolo regge un assortimento da 36 scomparti con chiodi, viti, dadi, bulloni, rondelle, fermagli, molle, ecc. I prototipi dei flipper sono appesi alle pareti. Un quinto dello spazio è occupato da una macchina da disegno meccanica in legno, dal soffitto pende un aerografo, in un angolo c'è un mobile e scaffali con argille, oli, pennelli e simili. In un angolo c'è una grande poltrona rossa, sulla quale faccio pisolini. La finestra offre una vista da un milione di dollari sul parco di una ex fabbrica di apparecchi. E sul davanzale della finestra c'è una bellissima macchina da caffè italiana DeLonghi.

Si raccontano leggende sulla tua disciplina lavorativa. Inizi a scrivere la mattina, fai un pisolino e finisci la sera?

Queste storie non sono del tutto vere. Coltivo questa routine lavorativa solo nei giorni di traduzione. E anche in questo caso ci saranno al massimo cinque ore per il lavoro intenso. Non posso sopportare di tradurre Proust più di così. La scrittura creativa, come accennato, si svolge al di fuori del mio studio. Me ne occupo solo quando i miei pensieri smettono di funzionare. Fuori dallo studio, non regna più la disciplina: posso dimenticarmi di mangiare e dormire.

Verrai alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna. Come trascorrerai la tua giornata?

La fiera di Bologna è l'unica fiera che visito regolarmente. Nei giorni di fiera mi aggiorno sullo stato attuale del mondo della letteratura e dell'illustrazione per ragazzi. Vado in giro, ascolto conferenze e vedo mostre, incontro editori stranieri dei miei libri, nonché scrittori per bambini, artisti e funzionari estoni. Vado molto in giro per la città e faccio qualche viaggio in treno verso altre città o al mare. L'Italia è molto varia e mi sta a cuore.

Sei stato anche invitato ad esibirti per i bambini con radici estoni della Scuola Estone di Bologna e Milano. Cosa racconterai dell'Estonia?

È troppo presto per dirlo, adoro l'improvvisazione. Ma credo che sarà un incontro reciprocamente arricchente e non vedo l'ora.

Katrin Veiksaar


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